Il cristianesimo al tempo di papa Francesco by Andrea Riccardi

Il cristianesimo al tempo di papa Francesco by Andrea Riccardi

autore:Andrea Riccardi [Riccardi, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Anticorpi
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2018-03-16T04:00:00+00:00


1. Lo stile comunicativo di papa Francesco

La pragmatica della comunicazione ci dimostra che non si può non comunicare3. Anche il «non dire» è un costruire, modellare forme di comunicazione. Tutti abbiamo ancora ben impressa nella memoria l’immagine di uno dei momenti pubblici agli inizi del pontificato di papa Francesco: era programmato un concerto per l’Anno della Fede (22 giugno 2013), e la sedia del Papa è rimasta vuota. L’assenza è stata una comunicazione potente al punto che ha determinato le successive scelte e prassi.

Portare personalmente la borsa da viaggio è un modo semplice e immediato per manifestare il suo stile, che desidera sia adottato dalle persone accanto a lui (detto in altro modo, che l’autorità non consiste nel potere di avere un portaborse, ma nel servizio); salire e scendere da solo dall’auto senza che alcuno apra o chiuda lo sportello è un’incisiva comunicazione dell’immagine di una Chiesa semplice che rifugge le modalità delle corti, di cui rimangono memorie nostalgiche o tracce di rivendicazioni rancorose.

Non solo però sguardi, posture, atteggiamenti e gesti hanno una forza dirompente nel comunicare, ma anche il silenzio. Pensiamo proprio al silenzio, meglio, ad alcuni silenzi di papa Francesco. Silenzio che è ascolto ma anche visione. Potrebbe sembrare un’affermazione avventata, ma in realtà, se si ascolta veramente, si è in grado di vedere da dove e da chi provengono le voci che udiamo: solo chi porge sinceramente l’orecchio al grido del povero è capace di vederlo e di lasciarsi interrogare e provocare dalla sua indigenza, come ci insegna la Parola di Dio: «Il Signore disse: ‘Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!’» (Es 3,7-10).

Da questo ascolto, che ci consente di vedere e percepire una presenza, nascono la prossimità, oppure il rifiuto, dell’altro, come ci insegna la parabola del «Buon Samaritano» (cfr. Lc 10,25-37). Non è la fredda e cattedratica conoscenza della dottrina che ci rende fedeli a Dio e aperti ai fratelli, ma è l’ascolto della Parola, udibile solo nel silenzio, a renderci disponibili a vedere, a fare spazio nel cuore a presenze che, altrimenti, risultano scomode. Papa Francesco sintetizza e illumina questa riflessione ricordandoci che: «È fondamentale ascoltare. Comunicare significa condividere, e la condivisione richiede l’ascolto, l’accoglienza. Ascoltare è molto più che udire. L’udire riguarda l’ambito dell’informazione; ascoltare, invece, rimanda a quello della comunicazione, e richiede la vicinanza. [...] Ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi. Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui.



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